Mario Missiroli

(Bologna, 1886-Roma, 1974). Già collaboratore di riviste come «Il Regno», «Leonardo», «La Voce», nel 1909 conobbe il suo primo importante incarico al «Resto del Carlino», facendosi sostenitore della politica di Nitti e acuto osservatore dell’ascesa del fascismo, cui dedicò Il fascismo e la crisi italiana. Nonostante il volume fosse accolto favorevolmente da Mussolini, Missiroli fu costretto a lasciare il quotidiano bolognese su pressione del fascio locale. Trasferitosi a Milano, assunse la guida del «Secolo», che tuttavia, nel 1923, dopo la marcia su Roma e il cambio di proprietà, fu costretto a lasciare. Venne un biennio difficile, trascorso a Castiglioncello, coronato comunque da qualche soddisfazione personale e professionale, tra cui la collaborazione con Gobetti, dalla quale sarebbe scaturito Il colpo di Stato. Ma nel 1925 Missiroli dichiarò la sua adesione al fascismo con una lettera aperta a Gobetti pubblicata sul quotidiano «L’Epoca». La ‘conversione’ non gli rese la vita più facile; ostracizzato dal duce finì tra il 1928-1929 a collaborare con il «Popolo di Roma» e a dedicarsi alla scrittura di volumi celebrativi del regime. Fallito il ritorno al «Resto del Carlino», continuò le sue collaborazioni giornalistiche, affiancate da una sostenuta opera di propaganda del fascismo. Dopo aver lavorato per «Il Messaggero», fu nominato nel 1952 direttore del «Corriere della Sera», riconfermando, con la sua volontà di ostacolare le aperture a sinistra, la propria fede nel centrismo. Dal 1962 al 1970 assunse la presidenza della Federazione nazionale della stampa italiana.